Tradotto da un testo di Emma Whidbone apparso su Themighty.org. Il testo è stato scelto perché descrive bene la dolorosa esperienza della competizione nei disturbi alimentari
Uno degli elementi più tossici che ho incontrato nel profondo del mio disturbo alimentare è stata la competitività. Era una competizione per essere il più magro per via dell’ovvio stigma: non potevo soffrire di un disturbo alimentare se non ero gravemente sottopeso. Non era solo una competizione con me stessa per raggiungere il peso più basso possibile, come molti potrebbero pensare; era una competizione con altre persone affette da disturbi alimentari, dove dovevo battere il loro peso più basso e diventare quindi “l’anoressica migliore”.
Ogni giorno, era una gara a chi stava più a lungo senza mangiare. Ho sentito storie di persone che hanno digiunato per alcuni giorni e la voce nella mia testa mi diceva che per avere successo dovevo digiunare più a lungo di loro. Vedevo immagini di persone che venivano alimentate in ospedale e, in un certo senso, ero invidiosa. Mi sentivo impotente perché non ero mai stata abbastanza malata da essere nutrita con il tubo, non ero mai stata costretta ad andare in ospedale. Agli occhi del mio disturbo alimentare, ero un fallimento. Non ero veramente malata; era una finzione.
La verità è che non importava quanto peso perdessi o quanto tempo restassi senza mangiare, il mio disturbo alimentare non era mai soddisfatto. Anche se perdevo più peso o digiunavo più a lungo, trovavo sempre qualcun altro che era più “malato” di me. C’era sempre qualcuno contro cui competere. Non meritavo aiuto perché non ero malata abbastanza.
Quando inizi a soffrire di un disordine alimentare o di qualsiasi malattia mentale, sei malato e meriti aiuto. Ogni disturbo alimentare è serio e pericoloso per la vita. Per il tuo disturbo alimentare non sarai mai abbastanza malato; anche sul tuo letto di morte, non sarai comunque malato abbastanza. I disturbi alimentari sono malattie mentali, a volte accompagnate da effetti collaterali fisici. Non lasciare che il tuo recupero venga stabilito dagli effetti collaterali. Meriti aiuto a prescindere dal tuo fisico, taglia o etnia.
Meriti aiuto indipendentemente che tu sia stato ricoverato in ospedale o meno. Meriti aiuto indipendentemente da quanto malato possa essere qualcun altro. Ogni lotta è valida. Ma soprattutto, non è una competizione. Non c’è una ricompensa per essere il “più malato”. Non aspettare la conferma che sei malato abbastanza finché non è troppo tardi, perché poi lo sarà.
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