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Testimonianze e storie di guarigione

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In questa pagina ci siamo riproposti di raccogliere testimonianze e storie di guarigione di persone che abbiano sofferto di disturbi alimentari come anoressia, bulimia e binge eating. Ognuna di loro ha volontariamente condiviso la propria storia attraverso un consenso scritto.

La testimonianza di Anastasia

Se un anno fa qualcuno mi avesse descritto come, in qualche mese, sarebbe cambiata la mia vita, stento a credere che l’avrei pensato possibile. Troppi anni ho passato nella speranza che qualcosa cambiasse, attendendo chissà quale miracolo che avrebbe dato la svolta ai miei giorni, finché ho smesso di provarci, arrivando a credere che, forse, la luce in fondo al tunnel fosse solo utopia e che, per me, non ci sarebbe stata guarigione… guarigione? Guarire da cosa? “Questione di buona volontà”, mi sentivo ripetere, e questa affermazione mi riecheggiava in testa di continuo, convincendomi che solo la pigrizia fosse il mio problema e odiavo me stessa per questo… “Sei solo una smidollata!” dicevo alla mia immagine riflessa nello specchio, quell’immagine che tanto mi ripugnava…

Ho gettato la spugna, stavo male, il mio corpo gridava aiuto ad ogni mio comportamento autodistruttivo e, ad ogni grido, io lo ferivo sempre di più nel tentativo di far tacere quel profondo dolore. Le mie giornate trascorrevano tutte uguali, cupe, lente e grigie… iniziavano con speranzosi “Da oggi basta ingozzarsi” e finivano con frustranti “Da domani basta ingozzarsi”… imprigionata in un loop dolorosissimo, inerme, disarmata e demoralizzata, inghiottivo facendomi inghiottire a mia volta da questo crudele buco nero.

Questione di buona volontà? No, cazzo!… Tutte le volte che ci ho creduto, tutte le volte che ci ho provato, tutte le volte che sono caduta e poi mi sono rialzata… Io di buona volontà ne avevo da vendere, solo non avevo i mezzi giusti per combattere!!

Poi, un giorno, dopo aver visto un post su Instagram che sembrava parlare di me, decisi di contattare il centro DCA… Ricordo ancora la titubanza e il terrore che mi attanagliavano nei pochi secondi prima dell’invio di quel messaggio… messaggio che mi ha salvato la vita. La mia richiesta di aiuto è stata accolta e, sfinita, mi sono abbandonata tra le braccia di chi ha saputo e sa accompagnarmi nel mio percorso di guarigione…

L’impagabile sollievo nel sentirmi compresa e la gioia di non essere più sola ad affrontare il “mio nemico” sono le sensazioni per cui mi sento più grata. Ma nulla mi riempie d’orgoglio più della percezione degli innumerevoli progressi fatti perché, finalmente, la serenità che tanto desideravo è diventata quotidiana normalità e a quell’immagine nello specchio ora dedico tanta tenerezza, amore e stima.

Questa non vuole essere la solita favoletta con lieto fine, il messaggio che vorrei arrivasse a chiunque legga la mia storia è che si può guarire, si può stare bene… la luce in fondo al tunnel non è solo utopia.

Maria Ines: Il mio recovery (work in progress) dal DCA

Il mio disturbo alimentare mi è stato funzionale per molti anni: mi ha permesso di fronteggiare situazioni difficili e di affrontare emozioni che non ero in grado di gestire in altro modo. La soluzione era sempre il cibo, che fosse negarselo o che fosse esagerare; qualsiasi cosa di brutto che accadeva nella mia vita ricercavo lì quel senso di pace e di controllo, perché il cibo è inanimato, non ti attacca, è sempre lì per te pronto a darti piacere. Piacere che a volte, spesso, neanche pensi di meritare e che ti vieti in tutti i modi possibili.
Negli anni ho provato più volte ad entrare in ricoveri, senza mai riuscirci davvero. Probabilmente non ero ancora pronta, volevo guarire solo perché ero stanca e distrutta dai pensieri intrusivi e cattivi della malattia, ma la vera e propria intenzione di uscirne non c’è mai stata, non pensavo di meritarlo. Ho impiegato un anno e mezzo di psicoterapia costante, di pari passo ad un percorso nutrizionale, per capire che invece avevo tutto il sacrosanto diritto di tornare a vivere, di gioire, di essere serena e di rispettarmi, nonostante il mio passato ed i miei errori. Meritavo di perdonami, di accogliere la Piccola Me che ha avuto dei problemi ed aiutarla ad andare avanti, non punirla perché sbagliava. Per anni sono stata cattiva con me stessa solo perché tutti gli altri lo erano e quindi io mi omologavo a loro, solo adesso ho capito che non lo meritavo e che anzi, proprio per via della loro malignità, necessitavo ancora di più di rispettarmi e proteggermi.
Adesso accolgo la me fragile, la vecchia me, la prendo per mano ed insieme andiamo avanti affrontando la vita con gli strumenti che sono riuscita a creare in me stessa (grazie all’aiuto dei giusti professionisti).
Il mio percorso non è finito, è lungo ancora probabilmente, ma arriverà ad un punto d’approdo. La luce in fondo al tunnel c’è ed è lì che mi aspetta, devo solo arrivarci con i miei tempi ed i miei modi, ma è lì. Finalmente adesso voglio spiccare il volo, abbandonare quelle brutte voci e prendere in mano la mia vita e portarla al successo. Sono pronta a farlo. Voglio vivere, lo voglio dannatamente. E ce la farò.
Per aspera ad astra.

La testimonianza di M 

Ci sono momenti in cui il nostro “io” interiore grida a squarciagola.. manifestando tra l’altro patologie inesistenti… Per anni ho cercato una patologia che non esisteva ma credevo che la sua esistenza potesse alleviare il dolore del mio ego… Non riuscivo più ad assumere cibo.. pensavo che prima o poi non avrei avuto molte decisioni da prendere.. Mi sono rivolta a questo centro che mi ha aiutata e mi aiuta in un percorso interiore pieno di paure e insicurezze… grazie alla professionalità di gente esperta.. Sto iniziando a vivere e ad assaporare la mia libertà.. Spero che la mia esperienza possa aiutare gente come me.. in difficoltà

La storia di Michela, in lotta con l’anoressia

Non sapevo cosa aspettarmi dal primo colloquio. Mi sentivo spaesata, una trentenne sottopeso con una passione per i tatuaggi e i cani, e mi chiedevo, ‘Le mie passioni sono nate con mio marito o erano già mie?’. Mi sentivo persa, senza sapere cosa fare della mia vita o come affrontare le mie angosce.

Ricordo il dolore del passato, come ho pianto tutto l’alcol che mio padre ha bevuto, quei momenti di paura in macchina con lui ubriaco al volante. Mi sentivo invisibile in mezzo a tutto quell’odio familiare, e questo mi ha portato a perdere me stessa, vivendo solo per compiacere gli uomini nella mia vita.

Ho sempre avuto difficoltà con il cibo, odiavo mia nonna per il suo odio verso mio padre e non sono mai davvero esistita per i miei genitori. Mi sentivo spaesata anche nel mio paesino di confine con l’Austria, dove sembrava che non ci fosse posto per me.

Oggi sto iniziando a conoscermi, a volte mi sto persino simpatica. Ho imparato ad accettare l’inaccettabile e ora, con il crescere del mio desiderio e del piacere, attendo con gioia la possibilità di una nuova vita e forse di un figlio.

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La testimonianza di Azzurra. Una storia di bulimia

Ero troppo giovane per capire il dolore della perdita di mio fratello. Questo mi ha portato a lottare quotidianamente con me stessa e con il mio corpo. La bulimia è stata la mia amica per molto tempo, riempiendo il vuoto lasciato da lui.

Ho iniziato a vedere il mio disturbo alimentare come un modo per sentire emozioni, per non sentirmi sola. Ma piano piano, attraverso il percorso terapeutico, ho imparato a concedermi emozioni senza essere travolta da esse. Oggi, ho un amore travolgente e non ho più paura del dolore. Ogni settimana, uscivo dallo studio del terapeuta più leggera e consapevole, pronta a concentrarmi sul mio lavoro, sulle mie passioni, su me stessa.

La testimonianza di V. Una storia di binge eating

Di questi 47 anni di vita la “me” a cui sono più legata è quella adolescente: indifesa, insicura, desiderosa di certezze e… sofferente. Vorrei abbracciarla e darle la forza di non farsi coinvolgere in inconsapevoli meccanismi familiari che non poteva conoscere.

La donna adulta che sono ora, dopo e grazie a una profonda autoanalisi e alla terapia che ho fortemente deciso di seguire, guarda con tenerezza quella bella bambina diventata con lo sviluppo un’adolescente un pò paffuta. Non era più soltanto la più grande gioia di un padre affettuosissimo, ma si era trasformata in una piccolo donna, inconsapevole rivale di una madre anaffettiva che – immotivatamente e per vena narcisistica – rivendicava crescenti ed esclusive attenzioni dal marito.

La reazione di quell’adolescente fu riversarsi nel cibo, nel tentativo di aumentare le proprie difese e, al contempo, di proteggere la madre rendendosi meno attraente. Ma la realtà è stata che il padre non ha mai diminuito il suo affetto per lei e l’ha sempre amata incondizionatamente e incoraggiata fin quando è stato in vita.
E invece, forse, la madre non ha mai accettato in fondo quella bambina/adolescente/adulta in perenne lotta con il peso, ignorando totalmente di esserne stata causa.

Ora che ho compreso quelle dinamiche familiari, che ho conosciuto me stessa e ho finalmente potuto superare quella sensazione di non riuscire a fare mai abbastanza per lei, quel dolore costante di non sentirmi accettata proprio da colei che mi ha generata.

Ora posso accarezzarla e sentirla vicina, ho anche la voglia di proteggere lei ormai anziana e bisognosa di cure, lei che non è riuscita a proteggere me quando più ne avrei avuto bisogno, ma poco importa. Io sono riuscita a riconciliarmi con me stessa anche perdonandola.”

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